“FESTA DEL VOTO”
La Festa del Voto risale all’anno 1577.

Era scoppiata la peste e i saronnesi, liberati da questo flagello, riconobbero la protezione della Madonna e, con atto legale notarile, fecero un voto.
Decisero di digiunare nella vigilia dell’Annunciazione, di recarsi in processione al Santuario della Madonna e vincolarono il comune a portare “18 candele di prima qualità”, nonché celebrare la messa solenne di riconoscenza.

La carestia
Saronno era un “borgo molto nobile et famoso. Terra insigne et molto popolosa di 540 fuochi”, così è scritto nella “Informatione delle qualità et conditioni del borgo” compilata qualche anno prima che iniziasse la pesante carestia del 1570.
Carestia causata dalla scarsità dei raccolti, dalle frequenti requisizioni di viveri per il mantenimento dei soldati, dal carico delle sempre crescenti imposte.
La carestia colpì gran parte dell’Alto Milanese e anche Saronno. Nello stesso anno, San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, il 23 aprile concluse la visita pastorale nel nostro borgo e volle che le giacenze di cereali, che si trovavano nella canonica della casa parrocchiale, venissero trasformate in pane da distribuire ai tanti affamati. A questo compito furono chiamati i deputati del Santuario che, in sette distribuzioni, consegnarono 5370 forme di pane.

La carestia fu così forte che gran parte della popolazione ne soffrì e vi fu chi per sopravvivere mangiava la crusca. Nel 1571, l’anno successivo, alla carestia seguì una grave infezione di tifo, che colpì la popolazione già malnutrita e indebolita. L’infezione tifoidea si spense solo nella tarda primavera del 1572.
Queste calamità, che avevano causato molti morti, avevano ridotto la popolazione del borgo che, come risulta dallo “stato d’anime” compilato fra l’ottobre 1572 e il giugno successivo, era di 2465 abitanti, distribuiti in 486 famiglie di 5/6 membri. A questi si devono aggiungere i quattro preti addetti alla cura delle anime: Cesare Pagani curato, Biagio Buzzi vice curato e i cappellani Giovanni Pietro Crespi e Bat- tista Visconti, i frati del convento di S. Francesco e le suore di clausura di S. Caterina.

Gli anni che seguirono furono difficili per gli abitanti del borgo. Il clima instabile, il gran freddo durante gli inverni, le gelate in primavera e il caldo torrido, i temporali con grandinate in estate, influirono parecchio sui raccolti e, pur non essendoci più la carestia, la vita di molti Saronnesi, soprattutto dei meno abbienti, fu molto difficile.
La peste
Gli abitanti del borgo non si erano ancora completamente ripresi dalle calamità precedenti, che dovettero affrontarne un’ altra ben più grave e disastrosa: la peste bubbonica. La peste è sempre stata presente in Europa con piccole o grandi manifestazioni. E’ difficile stabilire da dove provenisse, forse fu portata da qualche pellegrino contagiato venuto per il giubileo del 1575, forse dalle merci infette o dalle luride milizie d’oltralpe calate in Italia per le frequenti guerre. Iniziata in Trentino nel 1575, si diffuse nelle Venezie, poi nella Bergamasca e sulle sponde del lago Maggiore e, successivamente, nei dintorni di Milano, a Melegnano, Monza, Saronno, Busto Arsizio, Seregno e infine in città. I germi pestiferi covarono a lungo non avvertiti o rinnegati. Quando esplose fu una pandemia di immani proporzioni.
A Saronno il primo caso si scoprì in casa Boggiori il 23 agosto 1576. Il contagio si diffuse nel borgo con grande virulenza e i Saronnesi si organizzarono per affrontare la calamità. I rappresentati della Comunità, riuniti nella cappella di S. Rocco della chiesa parrocchiale, nominarono Giovanni Borromeo come “conservatore universale” o “provvisore”, aiutato dal capitano Cesare Homà di Caronno e dal podestà Cesare Mavero (o Manero). Venne subito allestito il lazzaretto, vicino alla chiesa di S. Antonio, con capanne di legno ricoperte di paglia, dove riunire gli appestati. Accanto al lazzaretto venne predisposto il cimitero che accolse i primi 46 morti di peste, mentre i successivi, non essendovi più posto, vennero sepolti nel cimitero del borgo accanto alla chiesa di S. Francesco. Il numero dei decessi fu elevato, 306, oltre i monatti e i forestieri dei quali non venne tenuto il computo. Il contagio e la diffusione della peste a Saronno furono causati da diversi fattori. Dal mercato molto frequentato da tanti forestieri, dai viaggiatori che percorrevano le strade importanti che si incrociavano a Saronno e che qui sostavano, dallo scambio di merci provenienti da tante località, dalle frequenti processioni e funzioni religiose che si tenevano in Santuario alle quali partecipavano tanti fedeli. I commerci e le attività artigianali si fermarono e molti Saronnesi rimasero senza lavoro e senza reddito. Nelle campagne i contadini, per timore dell’infezione, scacciavano i proprietari e chi proveniva dal borgo. Durante l’inverno l’epidemia rallentò, ma, al sopraggiungere della primavera, riesplose mietendo tante vittime.
Il voto
I Saronnesi decisero di ricorrere alla loro Madonna dei Miracoli per chiedere la grazia della cessazione del terribile morbo. Il 23 maggio 1577 i rappresentanti della popolazione si riunirono nella cappella di S. Rocco nella antica chiesa parrocchiale e fecero voto solenne e perpetuo di digiunare la vigilia della Annunciazione e, nel giorno della festa, 25 marzo, di recarsi in processione al Santuario della Madonna per offrire le candele e celebrare la messa solenne diriconoscenza. Il documento del 15 febbraio 1614, l’unico pervenutoci relativo al Voto, è composto di tre fogli e si trova presso l’archivio della Chiesa Prepositurale.

Si trascrivono i tre fogli:

(primo) “1614. 24. febbrajo. Una nota di diverse memorie fate in tempo seguì la peste in Sarono nell’anno 1576, e di quel tempo s’instituì l’università (la riunione dei rappresentanti della popolazione) sotto la capella di Sant’Rocho. Fu sepolto in prima a Sant’Antonio delli cadaveri de morti di peste, e fui fato un sepolcro, ed il rimanente fu sepolto nel Cemeterio di S. Francesco. Si fece università di digiunare la vigilia della Madonna di marzo, ed il giorno della festa andar da la Cura (la chiesa parrocchiale) sino alla Madonna de Miracoli con tutte le putte con la sua candella nelle mani, ed offrirle alla Madona, et il sig. Curato debba acompagnare detta processione, e dire la S.ta Messa alla detta Chiesa.
Perpetuamente.
Fu fatto l'instromento del Sindacato Generale, Priore del Corpus Domini in S. Rocho si in comune la scola, rogato da Gio Batta Pusterla notaio. Il soprascrito voto fato per il Comune di Sarono, così si ritrova scritto et notato nelfine d ‘un libro della Compagnia del Corpus Domini, del Rosario, ed S. Rocho vechio coperto di corame beretino scuro, che comincia la prima foglia 1570 a 5 setembre - nota dil acordio fato”


(secondo) Il secondo foglio, che porta la stessa data del “1614 A dí 25 febbraro in Sarono”, ci informa che la peste durò dal 23 agosto 1576 sino al 25 maggio dell’ anno successivo, della nomina del conservatore e dei suoi aiutanti. Ripete quanto scritto nel primo foglio sul Voto dei Saronnesi e sulla stesura dell’istrumento notarile e su quale registro si trova.


(terzo) Con il terzo foglio si hanno maggiori indicazioni sul libro che conteneva il testo dell’istrumento rogato per il voto:“Libro della Compagnia del Corpus Domini, del Rosario et S.to Rocho, vecchio coperto di coramo beretino scuro”...
Dal giorno del voto la pestilenza cessò, non si ebbe più alcun ammalato. Nel manoscritto del 1651 diAluigi San Pietro, conservato nell’archivio storico del Santuario, si legge: “ll giorno della Annunciatione della B. VM. il 25 marzo nel qual giorno il curato canta la messa, assiste alla predica con il popolo. Et le pute di marito soglino donare una candela di cera conforme alla loro divozione. Gli Scolari di S. Christoforo et S. Marta (le due importanti Confraternite di Saronno) fano donativo di sei candeloti per Schola. La Comunità (il Comune) del borgo dona onze 18 circa in 18 candeloti”.
I Saronnesi, anche in tempi calamitosi e difficili, hanno sempre osservato il Voto. Ogni anno si recano in Santuario per ringraziare la Vergine Maria per tutte le grazie che elargisce e per contribuire alla vita del Santuario, che Lei chiese di erigere:“...edifichi lì una chiesa in honore della Vergine Maria” aveva detto a Pedretto il primo miracolato (1460 circa). Lungo i 425 anni di osservanza del voto, sono state fatte delle modifiche, ma la sostanza è rimasta inalterata.
Il digiuno della vigilia fu mutato in un’ offerta alla Madonna. Abolita la festa di precetto del 25 marzo, la celebrazione venne spostata alla domenica successiva. La processione, a causa del traffico e della situazione viaria creatasi in Saronno con il sottopassaggio, non viene più fatta e i Saronnesi si ritrovano in Santuario per la solenne funzione religiosa.

Beata Vergine dei Miracoli
proteggi i nostri figli, le nostre famiglie,
le nostre parrocchie, la nostra città.
Risplendi come segno di speranza per tutti.
Intercedi per ciascuno di noi,
perché il nostro cammino di Chiesa,
in piena e gioiosa fedeltà al tuo Figlio Gesù,
sia sempre di lode e gloria della Trinità Beata.


Card Dionigi Tettamanzi